E' da ritenere di sì, con i limiti indicati nel prosieguo. L'art. 1 della legge 6/2004 è finalizzato alla tutela delle persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. Tale norma è stata definita da Cass. 12.6.2006 n. 13584 "la stella polare" che orienta l'interprete nell'applicazione della Legge 6/2004. Nell'art. 2 della Legge, poi, rileva nuovamente il concetto della privazione dell'autonomia , a prescindere da cause di natura patologica: infatti, l'articolo intitola la rubrica del titolo XII del libro primo del codice civile "Delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia".
Più in generale, si può affermare che presupposto dell'applicazione dell'amministrazione di sostegno èl' inadeguatezza gestionale [P. Cendon - R. Rossi, Amministrazione di sostegno. Motivi ispiratori e applicazioni pratiche, Torino, 2009, II, 913 e 914], con riferimento al compimento di una o più (se non tutte quante le) operazioni della vita quotidiana, dovuta a cause di natura psichica, fisica, sensoriale, relazionale, anagrafica, logistica, etno-culturale.
Non si tratta di una distinzione da poco, atteso che, se ci si arresta alla patologia (art. 404 c. c.) avremmo un ambito già piuttosto esteso di beneficiari, che si espande fino a ricomprendervi i depressi; se invece l'orizzonte viene allargato ai "senza autonomia", allora l'area di applicabilità potrebbe estendersi ulteriormente, fino a ricomprendervi i carcerati (che non siano stati condannati alla pena accessoria dell'interdizione legale), i barboni o gli immigrati.
Per Trib. Varese, 18.6.2010, in Dir. fam. e persone, 2011, 1254 e ss., il concetto di persone "prive di autonomia nell'espletamento delle funzioni di vita quotidiana" va inteso anche nel senso di chi, per una causa non necessariamente patologica, non sia in grado di compiere scelte di natura esistenziale.