12.5 - E’ prevista la condanna alle spese processuali?

In assenza di un'espressa disciplina normativa sulla regolamentazione delle spese nel procedimento di amministrazione di sostegno, occorre rifarsi ai principi generali in materia di volontaria giurisdizione, che hanno visto esclusa l'applicabilità dei criteri di liquidazione stabiliti dagli artt. 91 e ss c.p.c. quando il provvedimento definitivo si esaurisca in un intervento del giudice di tipo amministrativo (Cass. 1.7.2004, n. 12021).

Perché siano liquidabili le spese processuali, occorre individuare una parte qualificabile come soccombente rispetto all'altrui richiesta e, dunque, un contrasto di pretese (Cass. 26.6.2006, n. 14742). All'obiezione secondo cui il beneficiario dell'amministrazione di sostegno non può essere considerato soccombente in senso stretto (obiezione che ha sicura validità allorquando il procedimento abbia struttura cd. unilaterale, ossia laddove ricorrente e beneficiario siano la stessa persona), si può replicare che quest'ultimo trae vantaggio dal provvedimento e, quindi, è giusto che - specie se opponga tenace e immotivata resistenza alla misura - sopporti il costo delle spese legali; al contrario, in caso di rigetto sic et simpliciter del ricorso introduttivo (vale a dire senza informativa al P.M. per l'apertura del procedimento di interdizione o di inabilitazione), è opportuno che i relativi costi del giudizio vengano posti a carico del ricorrente.

In giurisprudenza, si segnalano alcuni decreti del Tribunale di Modena. Nel primo, emesso il 19.11.2009, in www.personaedanno.it, è stata accolta parzialmente la domanda, con un'assistenza per i soli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, e condannata la figlia ricorrente a rifondere al beneficiario le spese del grado e della consulenza medico-legale, attesi "i sin troppo scoperti interessi egoistici della ricorrente e il tentativo di strumentalizzare a propri fini una disciplina di legge esclusivamente rivolta a dar ausilio a persone deboli". Il secondo decreto, emesso il 2.2.2009, in www.personaedanno.it è di rigetto del ricorso, con condanna del figlio ricorrente a rifondere alla madre resistente le spese di lite, stante il maldestro tentativo del primo, che, "lungi dal portare la contenziosa questione con la sorella nella sede sua propria (il giudice civile ordinario), ha tentato di far valere i propri interessi economici attraverso la strumentalizzazione di una disciplina improntata al perseguimento delle ben diverse finalità del sostegno (…) di cui non si coglie traccia nell'iniziativa e nel comportamento processuale del ricorrente". Nel terzo decreto, emesso il 13.3.2008, in www.personaedanno.it, il tribunale emiliano, nell'accogliere la domanda di amministrazione di sostegno, ha compensato le spese del grado (disattendendo così la richiesta di condanna della beneficiaria da parte della figlia ricorrente e dell'altra figlia costituita), nel rilievo che "nella specie non è individuabile alcun contrasto tra le due sorelle con il riguardo alla madre beneficiaria, dato che entrambe hanno concluso concordemente per la nomina di un amministratore di sostegno individuabile preferibilmente in un terzo estraneo rispetto alla famiglia (…), mancando un contrasto di pretese tra le parti, le spese sono compensate".

In ogni caso, si tratta di una materia nella quale il criterio della soccombenza dev'essere impiegato con cautela e parsimonia, atteso che spesso ricorrono situazioni familiari nelle quali l'apertura dell'amministrazione di sostegno va a vantaggio non solo del destinatario della misura, ma anche del richiedente e, in senso più lato, dell'intera famiglia o, comunque, nelle quali appare inopportuna una condanna del beneficiario alle spese per ragioni che trascendono l'aspetto patrimoniale-familiare, per sfociare in quello morale-personale.


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