Sul punto è intervenuta l'Agenzia delle Entrate con la risoluzione del 9/1/2012 n. 2/2012 affermando che "nell'ipotesi in cui il giudice tutelare scelga direttamente un avvocato quale amministratore di sostegno, si ritiene che la relativa indennità, anche se determinata in via equitativa e su base forfetaria, rappresenti comunque (…) un compenso per lo svolgimento di una attività professionale, inquadrabile quale reddito di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 53 T.U.I.R. e rilevante ai fini IVA ai sensi degli artt. 3 e 5 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633".
Tale risoluzione non è condivisibile perché la natura non retributiva dell'indennità percepita dall'amministratore di sostegno deriva dalla legge e prescinde dalla professione svolta dal soggetto incaricato. L'interpretazione fornita dall'Agenzia delle Entrate si fonda su un'interpretazione errata della l. 4/2006 che predilige la cura della persona rispetto ai profili – e quindi alle attività di gestione – patrimoniali.
L'indennità all'amministratore di sostegno è infatti liquidata in virtù, specialmente, dell'assistenza personale e deve far sì che l'Ads sia tenuto indenne dalle perdite (spese, disagi e distrazioni lavorative) patite. Anche la giurisprudenza di merito si è espressa in senso critico rispetto alla risoluzione citata. Il Giudice Tutelare del Tribunale di Trieste, col decreto 26.1.2012 (emesso appena 20 giorni dopo la risoluzione) ha asserito che "un'indennità rimane tale e non perde la sua natura indifferentemente dal soggetto che la percepisca, sia esso un parente, un conoscente, un avvocato o un imprenditore". Nel caso di specie, il Giudice ha adottato una soluzione interessante, avendo differenziato tra gli importi dovuti per le attività svolte dall'avvocato istante a favore dell'amministrato e quelli per le attività più strettamente inerenti la sua qualifica professionale, e maggiorando solo questi ultimi con gli oneri accessori: Iva e Cpa. Con un altro decreto, il Giudice Tutelare di Varese (20.3.2012), evidenziando che l'opinione dell'Agenzia delle Entrate non ha valore normativo e non può vincolare l'attività interpretativa del Giudice, ha aderito alla tesi della natura non retributiva ma indennitaria, appunto, della somma liquidata dal Giudice, la quale va intesa come "' rimborso delle spese sostenute e dei mancati guadagni del tutore/amministratore che non ha avuto la possibilità di occuparsi pienamente della cura dei propri interessi".
Il Giudice prosegue individuando, in capo alla generale figura del GT, un dovere di "liquidazione in ragione delle effettive attività poste in essere e, anche, dei successi e risultati raggiunti dall'amministratore". D'altro canto, diversamente opinando, si giungerebbe a un trattamento diversificato a seconda della qualità soggettiva dell'amministratore di sostegno: il professionista sarebbe obbligato ad emettere fattura, mentre l'amministratore, parente o estraneo che sia, non professionista, non sarebbe assoggettato a tale obbligo. Identica essendo la funzione, sia all'ads professionista che all'ads famigliare spetta un'indennità libera da tassazione. Tanto più che tassare l'indennità del professionista, che sottrae tempo al proprio lavoro (normalmente retribuito) per svolgere le funzioni di Ads, sarebbe scarsamente gratificante sotto ogni profilo, e potrebbe indurre a declinare l'incarico, a discapito del soggetto debole e della finalità protettiva sottesa alla legge.