Sembrerebbe forse più in linea con la lettera e con lo spirito della legge 6/2004 far rientrare i danni provocati dal beneficiario ai terzi nell'ambito dell'art. 2048 c.c., che presuppone la capacità di intendere e di volere, e, quindi, la responsabilità del soggetto sorvegliato (Cass. 26.6.2001, n. 8740), trovando applicazione in caso contrario la fattispecie relativa al danno cagionato dall'incapace. Tale presupposto, infatti, risponde pienamente alla ratio della riforma, che ha posto la capacità di agire, pur in casi di ridotta autonomia, quale regola cui fa eccezione ogni limitazione giustificata dalla necessità di proteggere il soggetto debole.
Altri requisiti ex art. 2048 c.c., che si aggiungono alla capacità d'intendere e di volere, sono la violazione dei doveri di educazione e di vigilanza - che tuttavia non paiono applicabili all'amministrazione di sostegno, atteso che la funzione educativa caratterizza tipicamente la potestà dei genitori e la tutela - e la coabitazione - anche se la convivenza che legittima la vigilanza è differente nella potestà genitoriale e nella tutela rispetto a quella, eventuale, tra amministratore di sostegno e beneficiario.
È tuttavia opportuno che l'eventuale applicazione delle citate disposizioni codicistiche all'amministrazione di sostegno sia limitata all'ipotesi del beneficiario affetto da menomazione che incida sulla sua capacità di autodeterminazione e che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali. Diversamente, significherebbe creare una discriminazione "a contrario" per la persona amministrata, con tutti i riflessi antiterapeutici che una parte della dottrina (non solo giuridica ma anche psichiatrica) fa discendere dalla deresponsabilizzazione dell'incapace ex art. 2046 c.c. Le nuove direttive cui si informa la scienza psichiatrica auspicano, infatti, la responsabilizzazione patrimoniale dell'incapace, in sostituzione dell'attuale immunità, nel rilievo che una svolta in questa direzione determinerebbe il risultato positivo di un effetto terapeutico per il malato, quasi come un riscatto sociale (Agresta, 2005)
Tale limitata responsabilità dell'inabile avrebbe tra l'altro riflessi positivi dal punto di vista terapeutico e di responsabilizzazione del soggetto debole, avendo la psichiatria moderna evidenziato in più occasioni le conseguenze antiterapeutiche della deresponsabilizzazione del sofferente psichico (Cendon 2005).
In tal senso sarebbe stato opportuno prevedere a carico dell'amministrato danneggiante, in via diretta e non sussidiaria e in eventuale concorso in solido con l'amministratore sorvegliante, le conseguenze risarcitorie del suo fatto illecito, salvo il potere di loro temperamento da parte del giudice.