20.8 - Quali sono i profili di responsabilità disciplinare per l’Ads avvocato?

Quanto agli amministratori di sostegno avvocati, per il Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 29.11.2012, n. 160, la condotta dell'avvocato deve in ogni caso conformarsi a criteri di correttezza, dignità e decoro, anche se il suo comportamento non ha alcuna relazione con l'attività professionale. Deve pertanto ritenersi disciplinarmente rilevante la condotta del professionista che, avendo rilevanza esterna, incida negativamente sul prestigio, sull'attività e sul decoro dell'intera classe forense (nello stesso senso, fra le tante, CNF sentenza del 19.11.2012, n. 156).

In particolare, il professionista che ometta di rendere il conto, in qualità di tutore, relativamente a una somma di rilevante ammontare, che ritardi di consegnare al soggetto subentrato nella tutela altra somma, malgrado i solleciti del cliente e del Consiglio dell'Ordine di appartenenza, tiene un comportamento gravemente lesivo dei principi deontologici cui l'avvocato deve ispirare la propria condotta. (Nella fattispecie al professionista resosi responsabile di tali addebiti è stata applicata la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per la durata di un anno in considerazione dei buoni precedenti, del ristoro dei danni e della restituzione della somma: CNF, sentenza del 28.12.1992, n. 123). Ancora, è stata sanzionata "la violazione deontologica consistente nell'appropriazione di somme delle quali il professionista abbia avuto la custodia nell'interesse di soggetti parzialmente incapaci, approfittando della qualità di tutore o di curatore (…)" ( CNF, sentenza del 28.12.2007, n. 250).

Per l'imputabilità dell'infrazione disciplinare non è necessaria la consapevolezza dell'illegittimità dell'azione (dolo generico o specifico), ma è sufficiente la volontarietà con la quale è stato compiuto l'atto deontologicamente scorretto ( CNF, sentenza del 29.11. 2012, n. 177).

L'organo disciplinare, ai sensi dell'art. 38, comma terzo, L.P., può deliberare l'apertura del procedimento disciplinare anche sul presupposto della semplice conoscenza di fatti di pubblica notorietà o di mere informazioni, a nulla rilevando, ai fini dell'esercizio dell'azione disciplinare, la mancanza di un esposto o della segnalazione da parte di terzi ( CNF, sentenza del 29.11.2012, n. 178).

Per Cass. Civ. S.U. 20.5.2005, n. 10601, l'art. 38 R.D.L.. 27 novembre 1933 n. 1578, nel prevedere come illecito disciplinare i fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale, non individua comportamenti tassativamente determinati, poiché il principio di legalità si riferisce solo alle sanzioni penali e non si applica alle sanzioni disciplinari.

Si evidenzia, tuttavia, che il nuovo Codice Deontologico Forense - emanato in attuazione della Legge 31 dicembre 2012 n. 247 sull'ordinamento della professione forense, approvato dal Consiglio Nazionale Forense il 31 gennaio 2014 e inviato il 21 luglio 2014 al Ministero della Giustizia per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale - ha introdotto un principio esattamente opposto, vale a dire quello della tipizzazione delle condotte deontologicamente scorrette e della specifica indicazione delle sanzioni applicabili a ogni fattispecie di illecito disciplinare.


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