24.1 - Chi decide dove deve risiedere il beneficiario, ovvero il luogo di vita e/o di cura?

L'art. 411 c.c., nel richiamare le norme relative all'esercizio della tutela applicabili all'amministrazione di sostegno, non fa cenno all'art. 371 c.c. e, in particolare, non richiama il comma 1 n°1) di detta disposizione, in cui si stabilisce che è compito del Giudice Tutelare decidere dove debba essere collocato il minore, previo parere del tutore.

Tale mancato richiamo potrebbe essere letto come scelta coerente con l'intero impianto della L. 6/2004, in cui viene valorizzata ogni capacità residua del beneficiario e il rispetto dei suoi desideri ed aspirazioni.

La scelta del luogo di residenza è, del resto, uno degli aspetti più rilevanti per un progetto di vita soddisfacente e, fin dove possibile, deve essere rispettata la volontà dell'interessato.

Tuttavia, la questione vera si pone nei riguardi del beneficiario che non sia in grado di discernere e decidere dove risiedere.

Come va inteso, allora, il mancato richiamo all'art. 371 c.c. nella disciplina dell'Ads? Come una mera svista, con conseguente applicabilità in via analogica delle regole di cui alla norma codicistica o, al contrario, come precisa volontà del Legislatore di non demandare all'Ads e, quindi, al giudice tutelare la scelta in discorso?

Al riguardo si sono formati due opposti orientamenti, sia in dottrina sia in giurisprudenza.

Da una parte, si pone chi sostiene l'idea del tutto formalistica secondo cui il mancato richiamo dell'art. 371 c.c. nell'ambito della disciplina relativa all'amministrazione di sostegno osterebbe alla possibilità di attribuire all'amministratore di sostegno la possibilità di indicare al Giudice il luogo di vita e di cura della persona.

Tale posizione si pone, tuttavia, in contrasto con lo spirito della legge n. 6/2004, poichè per poter decidere dove collocare la persona, occorre procedere alla nomina di un tutore e ciò conduce alla pronuncia di interdizione.

D'altra parte, coerentemente con la filosofia di fondo che regge l'Ads, si ammette l'applicabilità analogica dell'art. 371 c.c. Tale possibilità è stata affermata fin dal 2008 dalla giurisprudenza modenese. Così, il decreto del g.t. di Modena del 26.11.2008affermò la possibilità di delegare all'ads tale compito, pena – in caso contrario – lo schiacciamento della dignità della persona. La mancata menzione dell'art. 371 c.c. veniva spiegata con il fatto che "il precetto è destinato a trovare applicazione nei soli casi ritenuti dal magistrato a differenza di quelli espressamente nominati dalla norma (articoli da 349 a 353 e da 374 a 376) che, pur col limite della compatibilità, sono di doverosa operatività ove si configurino le relative fattispecie".

La possibilità di conferire all'amministratore di sostegno il compito di indicare il luogo di vita e di cura della persona è stato ribadito anche più di recente dal G.T. di Varese, con il decreto 30.4.2012 ( www.personaedanno.it), il quale, tra l'altro, ha evidenziato come il mancato rinvio all'art. 371 c.c. possa spiegarsi con la superfluità del richiamo, riconoscendo già gli artt. 405 e 408 citati, un potere/dovere di cura entro cui si inscrive anche il collocamento protettivo in una Comunità di assistenza e cura e, altresì, il mutamento della residenza.

A sostegno ulteriore della tesi affermativa dell'applicabilità dell'art. 371 c.c. All'amministrazione di sostegno, vale richiamare la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata dall'Italia con l. n. 18 del 2009, e, dunque, di applicazione obbligatoria nell'attuale ordinamento.

L' art. 18 della Convenzione consacra il diritto delle persone con disabilità a scegliere, sulla base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere, e il diritto a non essere obbligati a vivere in una particolare sistemazione abitativa.


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