Occorre premettere che tale interrogativo ha portata generale, a prescindere cioè dal fatto che vi sia o meno un amministratore di sostegno.
Il problema del concorso dei parenti e dell'ente pubblico nel pagamento delle rette di ricovero si pone frequentemente nella pratica e talvolta approda in sede contenziosa.
Molti enti, infatti, subordinato l'inserimento in struttura e l'assunzione del relativo obbligo economico alla sottoscrizione di un impegno al pagamento di una quota da parte dei congiunti tenuti per legge agli alimenti.
Al riguardo è intervenuta la giurisprudenza amministrativa, chiarendo che le spese di ricovero per persone prive di mezzi di sostentamento sono a carico del Comune di soccorso, ossia del Comune di residenza alla data del ricovero se il ricovero stesso ha natura di assistenza sociale, mentre sono a carico del S.s.n., tramite il servizio locale del luogo di ricovero, se quest'ultimo ha natura riabilitativa in vista di una possibile guarigione o di un possibile miglioramento. Il Comune ha, poi, diritto di rivalsa nei confronti dei parenti dell'infermo tenuti agli alimenti (Cons. Stato sez. III, 17 ottobre 2011 n. 5549; Sezione V, 5.05.2009, n. 2810; 29 aprile 2009, n. 2747), ma non un diritto di escussione diretta dei parenti.
La stessa giurisprudenza ha evidenziato che l'onere assistenziale è esclusivamente incombente sul soggetto pubblico individuato dalla normativa regionale di riferimento; e ha chiarito che non vi è alcuna normativa che attribuisca a tali soggetti pubblici il diritto di esigere direttamente gli alimenti dai familiari sotto forma di contribuzione parziale.
Solo qualora ne sussistano i presupposti, il soggetto pubblico potrà rivalersi sul patrimonio del solo beneficiario. Ne consegue che le previsioni regolamentari di Comuni e altri enti pubblici che obblighino i parenti al pagamento di una quota per il mantenimento in struttura del congiunto sono illegittime.
I familiari non sono tenuti alla contribuzione economica per il mantenimento in struttura del beneficiario se non nei limiti di quanto previsto dagli artt. 433 c.c. e segg., ossia la normativa che disciplina la corresponsione degli alimenti ai congiunti in stato di necessità.