26.3 - Cosa intende l'art. 410, 1° co., c.c. quando prescrive che l'amministratore di sostegno, nello svolgimento del suo ufficio, «deve tenere conto dei bisogni (…) del beneficiario»?

La protezione dei soggetti non in grado di provvedere alla cura dei propri interessi è sempre stato un ambito molto importante e delicato da regolamentare, da un lato investendo aspetti personali e sociali delle persone interessate e, dall'altro, coinvolgendo le strutture giudiziarie ed amministrative, chiamate ad operare con efficienza e rapidità.

Se l'obiettivo della legge 6/2004 è quello della maggiore inclusione sociale possibile delle persone bisognose di protezione, ne discende allora che il sostegno non è limitato al solo ambito patrimoniale ma si estende anche e soprattutto alla sfera personale, ai bisogni e alle aspirazioni dell'interessato, in una parola alle forme di manifestazione dell'essere umano nella sua complessità: quali, per esempio, il diritto ad un'abitazione (o perlomeno ad una sistemazione) adeguata, alla cura della salute, alla vita di relazione, alle esigenze culturali, di svago, ricreative, alla manifestazione di consensi o di dissensi di varia natura (trattamenti medici, dati personali, uso dell'immagine).

Carattere pregnante dell'amministrazione di sostegno è la realizzabilità di interventi di protezione "su misura" per i bisogni delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, il che si sostanzia nell'attribuzione al giudice del potere di definire l'oggetto dell'amministrazione di sostegno in considerazione degli specifici bisogni dell'interessato, come un vestito disegnato secondo le esigenze della singola persona. Così con la previsione di un decreto di apertura della procedura per così dire «programmatico» – il cui contenuto deve essere parametrato sulla scorta delle peculiari esigenze di protezione di cui il beneficiario è portatore – il legislatore ha inteso garantire la corrispondenza dell'intervento protettivo alle esigenze del caso concreto attraverso la definizione puntuale dell'oggetto e dei poteri dell'amministratore.

L'emergere della protezione intesa non solo come limite di capacità, ma come sostegno e attivazione di strumenti per la promozione del beneficiario si inserisce nel processo di progressivo spostamento del baricentro delle misure di protezione dal patrimonio alla persona in funzione di una logica del sostegno atto a sopperire alla mancanza di autonomia della persona nel compimento di quelle attività necessarie per attuare la piena realizzazione dei propri interessi.

Tale finalità emerge con evidenza dall'art. 410 c.c., le cui previsioni riempiono di specifico contenuto il generale principio per il quale il beneficiario deve agire nell'interesse del beneficiario. Lo svolgimento dell'intera attività dell'amministratore, sia in ambito patrimoniale che non patrimoniale, deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario. In questi termini, anche laddove il beneficiario dell'amministrazione non fosse in grado di esprimere i propri desideri e i propri bisogni, essi non cesserebbero di venire in rilievo, rimanendo comunque necessario che l'attività dell'amministratore si uniformi al principio del rispetto della personalità, delle convinzioni ideologiche e religiose, della condizione sociale del beneficiario (Trib. Roma, sez. I, decr. 21 dicembre 2005).

Il criterio del "miglior interes­se" è dunque quello che anche attualmente viene considerato come il criterio che deve orientare le scelte dell'amministratore di sostegno e non può che improntarsi, qua­lunque sia l'oggetto della decisione, alle aspi­razioni, ai desideri, alla personalità della per­sona di cui ci si prende cura.


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