Con riferimento ai compiti specifici dell'amministratore di sostegno in ambito sanitario, la giurisprudenza ha affidato a tale figura quello di manifestare il consenso ai trattamenti sanitari e terapeutici. All'amministratore, sotto la vigilanza del giudice tutelare, possono essere demandati i poteri-doveri di compiere, in nome e per conto della persona beneficiaria, l'operazione di individuazione e scelta delle terapie ritenute più idonee per la tutela e la cura della salute, sia fisica che psichica, della persona, tenendo edotto il giudice tutelare delle scelte effettuate (Trib. Modena, 26 gennaio 2009; Trib. Vibo Valentia, 30 novembre 2005, Trib. Roma, 21 dicembre 2005; Trib. Roma, 19 marzo 2004; Trib. Modena, 28 giugno 2004).
La relativa situazione giuridica appare riconducibile ad un fenomeno di (parziale) sostituzione in funzione promozionale della persona umana, nonostante il carattere personalissimo del diritto all'autodeterminazione. Si riconosce in questo senso nell'amministratore di sostegno una nuova figura che non rappresenta soltanto, ma che accompagna nella strada difficile che porta alle scelte e
alle decisioni cruciali per l'esistenza del malato.
Il carattere personalissimo del diritto alla salute non impedisce all'amministratore di agire per conto del beneficiario, ma gli impone dei limiti: in particolare, egli deve agire nell'esclusivo interesse del paziente; deve inoltre decidere non "al posto" nè "per", ma "con" il beneficiario ricostruendo, ove necessario, la sua presunta volontà, ovvero inferendo quella volontà dall'insieme degli aspetti della personalità di quest'ultimo (Cass. civ., sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21478).
Ne deriva, quindi, che il primo criterio al quale l'amministratore di sostegno si dovrà attenere è quello della volontà manifestata dal beneficiario, anche se espressa implicitamente. Tale criterio trova referenti normativi non soltanto nell'art. 5 D.lgs. 24 giugno 2003, n. 211, per cui il consenso del rappresentante legale alla sperimentazione clinica deve rappresentare la "presunta volontà" dell'adulto incapace ma anche, e in modo specifico, nell'art. 410, 1° co., c.c., in base al quale l'amministratore di sostegno «deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario».