Dato il carattere personalissimo del diritto alla salute, l'istituto della rappresentanza non attribuisce al tutore o all'amministratore di sostegno, il quale è investito di una funzione di diritto privato, un potere incondizionato di disporre della salute altrui. Per l'effetto la richiesta del tutore di praticare sull'interdetta un intervento completamente ablativo della capacità riproduttiva della stessa, motivato dall'esigenza di preservare quest'ultima in quanto giovane, appetibile e non in grado di proteggersi da eventuali abusi, appare del tutto aberrante atteso che attraverso tale soluzione si finirebbe per mutilare in maniera irreversibile l'integrità fisica di un soggetto debole, del tutto incolpevole della sua situazione, per compensare vuoti di tutela e la mancanza di un sostegno reale ed efficace da parte della famiglia e delle istituzioni. L'abnormità della prospettata soluzione è ancor più evidente laddove si consideri che attraverso la sterilizzazione potrebbe essere scongiurato soltanto il 'rischio' che la stessa concepisca dei figli ma non che possa essere abusata da chicchessia (Trib. Catanzaro, decr. 18 novembre 2013).
In generale, la sterilizzazione coattiva (non quella volontaria), nell'uomo e nella donna, contro e senza il loro consenso, costituisce reato previsto nel nostro ordinamento penale alla stregua di lesione personale gravissima (art. 583, 2° co., c.p.).
La sterilizzazione forzata delle persone disabili è una pratica ampiamente diffusa in tanti Paesi dell'Unione Europea ed extra. In Spagna per esempio, moltissimi centri di accoglienza per chi ha un handicap richiedono come condizione proprio l'essere sterilizzati. Il CERMI, (Comitato Spagnolo che rappresenta questi cittadini), ha più volte richiesto al Ministero della Giustizia di modificare l'articolo 156, comma 2 del Codice Penale, in cui si sancisce che la sterilizzazione forzata di una persona con disabilità non è considerata un reato. L'esecutivo, tuttavia, ha risposto con una lettera ufficiale spiegando che la norma non verrà modificata, né tanto meno abrogata, poiché avrebbe lo scopo di proteggere quelle persone incapaci di intendere e di volere dall'incorrere in gravidanze indesiderate.
In Australia la pratica è molto diffusa soprattutto per le donne disabili.
Nel Regno Unito nel 2014 per la prima volta un tribunale ha deciso la sterilizzazione forzata di un uomo disabile, che è stato quindi sottoposto a un intervento di vasectomia. La richiesta di decidere sulla vasectomia era stata presentata dai medici del servizio sanitario, con il sostegno pieno dei familiari, alla Court of Protection, il tribunale che nel diritto inglese ha giurisdizione sulle proprietà e il benessere personale di coloro che non hanno la capacità di prendere decisioni per se stessi.
Secondo la sentenza, emessa ad agosto 2014, infatti, la possibilità di avere figli avrebbe danneggiato la sua esistenza (l'uomo era già padre di un bambino accudito però dalla nonna, visto il ritardo mentale anche della compagna/madre). Il giudice ha dichiarato di aver preso la decisione per "il miglior interesse" del soggetto in questione, in quanto non sarebbe stato capace di usare preservativi o altri metodi contraccettivi. «Anche se a carico dei genitori, il disabile ha raggiunto una sua propria indipendenza potendo salire su un autobus, nuotare in piscina o prendere un caffè al bar. Anche per questa autonomia, secondo il verdetto, la sua relazione con la fidanzata non va ostacolata. E alla coppia dovrebbe essere consentito di riprendere la relazione sessuale. Tuttavia, proprio il rischio di avere un altro figlio minaccerebbe la tanto sudata autosufficienza. Ed è per questo che la sterilizzazione dovrebbe fargli riavere presto la sua normale vita. Secondo il giudice, l'uomo, nonostante il ritardo mentale che gli impedisce di dare un consenso informato, ha inequivocabilmente espresso il desiderio di non avere più altri figli»
Anche nel febbraio 2015 la medesima Corte ha emesso, in seguito alle richieste delle autorità sanitarie locali, una sentenza di sterilizzazione forzata nei confronti di una disabile mentale già madre di 6 bambini, ai quali pare non fosse in grado di badare.