Dipende dagli interessi della persona assistita.
La decisione sta nella relazione medico-paziente, non nel singolo medico, né nel singolo paziente, poiché certamente il medico ha una responsabilità maggiore, ma è solo nell'alleanza che si conclude il processo decisionale. Tutto si fonda sul consenso e l'autodeterminazione. Nel caso in cui il paziente sia debole, fragile, incapace risulta determinante comunque la figura dell'Ads, ma in ogni caso la cartella clinica ha un accesso limitato, e l'unico e primo interessato ed autorizzato è il paziente
Il Codice Deontologico cita alcuni articoli: art. 10 (Segreto Professionale: «Il medico deve mantenere segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui venga a conoscenza nell'esercizio della professione [...]»; art. 11 (Riservatezza dei Dati Personali: « Il medico è tenuto al rispetto della riservatezza [...] particolarmente nel trattamento dei dati sensibili inerenti lo stato di salute e la vita sessuale. Il medico acquisisce la titolarità del trattamento dei dati sensibili nei casi previsti dalla legge, previo consenso del paziente o di chi ne esercita la tutela [...]»; art. 12 (Trattamento dati sensibili: previsto solo con il consenso dell'interessato o del suo rappresentante; art. 34 (Informazione a terzi: «L'informazione a terzi presuppone il consenso esplicitamente espresso dal paziente, [esclusi i casi in cui ci sia pericolo per la vita o la salute del soggetto stesso o di altri]. In caso di paziente ricoverato il medico deve raccogliere eventuali nominativi delle persone preliminarmente indicate dallo stesso a ricevere la comunicazione dei dati sensibili.», nei rapporti fra medici, infatti, non vi possono essere intrusioni, l'operatore sanitario può avere accesso ai dati (sanitari) solo se ha il soggetto in cura, altrimenti incorrerebbe in comunicazione a terzi senza consenso.
Sulla possibile conflittualità tra la normativa e relativa al "diritto di accesso" (disciplinata dalla Legge 241/1990) ed il "diritto di accesso ai dati personali" (disciplinato dal Codice Privacy) si è pronunciato in più occasioni il Garante per la protezione dei dati personali, precisando che il bilanciamento è frutto di una continua ricerca di un giusto punto di equilibrio tra due interessi meritevoli, entrambi, di tutela.
In tema di documentazione sanitaria, è opportuno sottolineare che, laddove il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, la L. 241/1990 rimanda espressamente all'articolo 60 del Codice Privacy, che consente il trattamento se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato. A tal proposito il Garante è intervenuto nel 2003 (9 luglio 2003, doc web n. 29832 reperibile sul sito dell'Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali), per chiarire come il destinatario della richiesta deve valutare il "rango" del diritto del terzo e giustificare, o meno, l'accesso o la comunicazione di dati: il Garante ha sottolineato che il parametro di raffronto non è "il diritto di azione e difesa", quanto il diritto sottostante che il terzo intende far valere sulla base del materiale documentale che chiede di conoscere, che può essere ritenuto di "pari rango" rispetto a quello dell'interessato solo se fa parte della categoria dei diritti della personalità o compreso tra altri diritti o libertà fondamentali ed inviolabili.